Andrea Alciato - Cortile di Volta, piano terra, lato est

Monumento di Andrea Alciato

Basamento in marmo di Candoglia rosa venato, parti scolpite in marmo statuario apuano bianco, lastra con iscrizione in marmo di Carrara bianco rosa, listelli verticali in marmo apuano bianco nuvolato; parti scolpite a basso, altorilievo e a tutto tondo, iscrizioni incise e dipinte in colore nero 602 ✕ 305 ✕ 46 cm

Iscrizione: D(iis) M(anibus)./ Andreae Alciato/ Mediol(ensi) iure con(sulto),/ com(iti) proth(onotario) apost(olico)/ Caes(aris)q(ue) senatori,/ qui omnium doctrinarum/ orbem absolvit,/ primus legum studia/ antiquo restituit/ decori. Vixit ann(os) LVII,/ men(ses) VIII, dies IIII./ Obiit pridie Idus/ Ianuarii/ MDL./ Franciscus Alciatus/ ic h(eres) b(ene) m(erenti) p(ius)/ p(osuit). (sul basamento della statua) MHΔEN ANABAΛΛOMENOΣ [= nulla rimandando] (nel riquadro in basso a sinistra) ANΔPOS ΔIKAIOY KAPΠOΣ OYK AΠOLLYTAI [= il frutto dell’uomo giusto non perisce] (nel riquadro in basso a destra)

Ubicazione: pianoterra, parete orientale, VII da sinistra.

Personaggio: Andrea Alciato nacque a Milano l’8 maggio 1492 da un’influente famiglia dedita al commercio. Ebbe insigni maestri a Milano e a Pavia, dove intraprese studi giuridici e si formò alla scuola di Filippo Decio e di Giasone del Maino. Si laureò in Diritto civile e canonico a Ferrara il 18 marzo 1516; esercitò l’avvocatura e fu un giurista di grande fama che insegnò Diritto civile tra il 1536 e il 1550. Appassionato di epigrafia latina, pubblicò un testo sulle epigrafi del Milanese e scrisse una storia di Milano che uscì postuma. I suoi primi opuscoli giuridici furono pubblicati a Strasburgo e a Milano nel 1514; nel 1518 ad Avignone intraprese l’insegnamento universitario. Papa Leone X lo nominò conte palatino nel 1521; dal 1522 al 1527 svolse l’attività di avvocato a Milano. In questi anni fecondi uscirono le sue opere più importanti, successivamente tradotte e continuamente riedite. Contribuì al rinnovamento della tradizione giuridica italiana, ma la sua fama è principalmente legata alla sua produzione letteraria, in particolare agli Emblemata o Emblematum Liber edito per la prima volta nel 1531, che portò al superamento del genere delle “imprese”, come sottolinea Maria Teresa Mazzilli nel suo saggio nel presente volume. Elegante versificatore latino ed erudito sommo, nel 1533 si trasferì a Pavia e il Duca di Milano lo nominò senatore; dal 1537 al 1541 risiedette a Bologna, poi fino al 1546 a Ferrara. L’imperatore lo richiamò infine a Pavia, dove, celeberrimo e da tutti onorato, morì il 12 gennaio 1550. Ebbe solenni funerali e fu sepolto nella chiesa di S. Epifanio. Il monumento dell’Alciato costituisce un unicum all’interno del cortile di Volta, in quanto le sue dimensioni sono giustificate dalla sua originaria collocazione nella cappella di S. Andrea nella chiesa di S. Epifanio. Il contratto di committenza è datato 3 gennaio 1551; in esso il giureconsulto Francesco Alciato, residente a Pavia nella parrocchia di S. Epifanio strinse un accordo con il maestro Giulio da Oggiono e con Angelo Marini, affinché facessero un sepolcro in marmo di Milano secondo il disegno progettuale di Cristoforo Lombardo per la cifra di 223 scudi d’oro. Giulio da Oggiono doveva sovrintendere al lavoro di Angelo Marini, il quale avrebbe dovuto accettare il giudizio e il compenso stabilito da Cristoforo Lombardo. In marmo di Carrara dovevano essere eseguite le due formelle superiori. Il progetto subì una variante in corso d’opera, come si vede osservando il disegno accluso al contratto: inizialmente la figura del docente era prevista in posizione semisdraiata e, solo in un secondo tempo, si scelse l’impianto verticale con il ritratto dell’anziano Alciato in elegante veste di broccato posto sulla sommità della piramide sottostante. Anche la coppia di delfini venne sostituita dal caduceo con cornucopie che riprende, insieme alla scritta in greco, una medaglia raffigurante l’Alciato. Conformi invece al progetto sono i rilievi con lo stemma di famiglia, con il Parnaso, di ispirazione raffaellesca, e con l’Italia piangente, che rimanda alla Leda di Leonardo.

Descrizione: sopra a una base decorata con motivi rettangolari poggia l’alto basamento tripartito verticalmente. Nella parte centrale, quella più alta che sorregge la statua del personaggio, si trova la lunga iscrizione; nelle parti laterali sono scolpite quattro scene: in alto a sinistra è raffigurato Apollo con le nove muse sul Parnaso, in alto a destra una donna guerriera che si toglie le armi, simbolo dell’Italia, in basso a sinistra lo stemma della famiglia e in basso a destra il caduceo circondato da due cornucopie. Come evidenzia Maria Teresa Mazzilli nel suo saggio, le iscrizioni e le formelle si legano ai precetti degli scritti dell’Alciato che codificavano il modo di rappresentare in forma simbolica, con parole e immagini, concetti di ordine morale; il caduceo infatti è l’asta alata attributo di Mercurio, messaggero degli dei e dio dell’eloquio, mentre i due serpenti simmetricamente intrecciati sono simbolo di pace, la coppia di cornucopie è infine simbolo del benessere. La statua infine rappresenta il personaggio che indossa una raffinata toga damascata e che regge un libro tra le mani.

Stemma: nel riquadro in basso a sinistra del basamento arme gentilizia della famiglia Alciato; partito: al primo d’argento, al castello di rosso aperto del campo e torricellato di due pezzi: ciascuna torricella finestrata del campo e merlata di due pezzi alla ghibellina, sormontato da un’aquila di nero linguata di rosso e coronata d’oro.

Datazione: 1551, anno del contratto di committenza.

Provenienza: il monumento era collocato nella seconda cappella a sinistra, dedicata a S. Andrea, esistente nella demolita chiesa di S. Epifanio a Pavia (annessa al complesso dei Canonici Lateranensi, poi trasformato in Orto Botanico), come ricorda Martin Zeiller nel suo resoconto del viaggio compiuto nel 1628.

Stato di conservazione: buono.

Bibliografia: SANGIORGIO, LONGHENA 1831, pp. 455-456; Memorie e documenti 1877-1878, p. 75; Guida del Famedio 1897, p. 109; CAVAGNA SANGIULIANI 1905, p. 390; L’università 1925, p. 34; FRACCARO 1932, p. 16, p. 21; TASCA 1951, p. 4; VACCARI 1957, p. 135; Discipline e maestri 1961, pp. 48-49; ERBA, MORANI 1977, pp. 29-30; ERBA 1990, p. 14; SACCHI 2005, pp. 494-502 e 452.