Giovanni Ghiringhelli - Cortile di Volta, piano terra, lato est
Lapide di Giovanni Ghiringhelli
Lastra in marmo bianco chiazzato di grigio scolpita a basso e altorilievo, con iscrizione incisa e dipinta in colore nero 178 ✕ 83 cm
Iscrizione: Io(hannis) Ghiringhelli summi philosophi et medici/ intus ossa quere/ extra nomen quod tam parvo saxo claudi n(on) potuit.
Ubicazione: pianoterra, parete orientale, II da sinistra.
Personaggio: Giovanni Ghiringhelli fu lettore di Filosofia, Logica e Medicina a Pavia dal 1442 al 1455; il Ghiringhelli faceva parte di un’antichissima famiglia, ritenuta originaria della Germania e arrivata in Italia tra XII e XIII secolo. A Pavia si sarebbero trasferiti nel corso del XIV secolo, due rami: uno da Milano, l’altro da Brescia. Di quest’ultimo ramo faceva parte Cristoforo che abitava in Pavia, nella parrocchia di S. Giovanni in Fenarolo, e che nel 1425 lasciò due figli ancora minorenni, Tomasino e Giovanni. Il secondogenito studiò medicina e divenne lettore molto rinomato in questa disciplina. Ebbe sempre gran concorso di uditori alle sue lezioni, meritando l’onore di essere nominato fisico al servizio ducale e, il 25 dicembre 1475, fu accettato nell’Accademia degli Affidati di Pavia. Egli ricoprì nel biennio 1442-43 la cattedra di Logica, nell’anno 1453 quella di Medicina e di Metafisica, nel 1455 di Filosofia ordinaria, negli anni 1461-62 di Fisica ordinaria, nel 1464- 65 nuovamente di Filosofia, nel 1467- 68 di Pratica medica, mentre dal 1483 ricoprì la carica di almansore. Il successo della sua carriera accademica è testimoniato dalle retribuzioni del Ghiringhelli, che continuarono ad aumentare fino al 1455. Si sposò con Caterina Zanachi, dalla quale ebbe tre figli, Alessandro, Andrea e Benedetto; solo il primogenito seguì le sue orme, divenendo dottore di Arti e Medicina, medico di Francesco II Sforza e infine, nel 1495, lettore di Filosofia. Come riferisce Bossi nelle sue Memoriae, alla sua morte nel 1483 ebbe sepoltura nella chiesa di S. Giacomo alla Vernavola fuori dalle mura cittadine, luogo in cui erano tumulati tutti i membri della sua famiglia. In questo edificio, andato distrutto nel 1805, nella cappella del casato dedicata alla Vergine Annunziata, vi era la lapide col ritratto scolpito di Giovanni e sul pavimento si trovava un’altra epigrafe che recitava “Sepulcrum famosissimi Artium et Medicina Doctoris D. Joannis de Ghiringhellis et haeredum suorum”. Il convento esisteva sin dal XII secolo ed era situato alla distanza di circa un chilometro dalla città, vicino alla roggia Vernavola. L’edificio fu fabbricato prima del 1364 dai Visconti e successivamente venne riedificato nel 1730. Fu soppresso nel 1805, quando vennero atterrati la chiesa e la maggior parte del chiostro, mentre fu conservata la cella dove, nel 1494, morì Bernardino da Feltre, la cui tomba venne in seguito spostata al Carmine.
Descrizione: la lapide appartiene alla tipologia del gisant e presenta al centro il defunto disteso, vestito con la toga e il berretto dottorale. La testa poggia su un cuscino con nappe, riccamente decorato da motivi vegetali e floreali, mentre le mani sono incrociate sopra un libro aperto. Nei tre angoli della lastra che si sono conservati sono presenti tre libri chiusi: i due superiori sporgono dal poggiatesta, l’altro in basso si trova a lato della veste. Il fondale della lapide, come il cuscino, è lavorato a fogliami e fiori a leggerissimo rilievo. L’iscrizione corre lungo i lati del monumento, in senso orario, a partire dall’angolo in basso a sinistra.
Datazione: 1483 circa, anno della morte.
Provenienza: la sepoltura del Ghiringhelli si trovava a Pavia, nella chiesa di S. Giacomo alla Vernavola, nella cappella dell’Annunciata, dove rimase fino al 1805 circa. La collocazione della sepoltura del Ghiringhelli in tale edificio si spiega anche con il fatto che la chiesa, insieme al relativo convento, venne acquisita dall’Università. Stato di conservazione: mediocre; presenza di macchie grigie sul marmo bianco, scheggiatura dei punti più sporgenti (il volto, in particolare il naso, e i libri a lato della testa) e perdita dell’angolo inferiore sinistro. L’intervento di conservazione effettuato da Luciano Formica è stato indirizzato soprattutto all’eliminazione delle croste nere. È stato utilizzato il metodo degli impacchi con polpa di carta, imbibita di una soluzione di ammonio bicarbonato in acqua deionizzata.
Bibliografia: SANGIORGIO, LONGHENA 1831, p. 445; ROBOLINI 1834-1838, vol. V, parte II, p. 249; MAROZZI 1845, pp. 1-2; Memorie e documenti 1877-1878, p. 115; CAVAGNA SANGIULIANI 1905, p. 386; FRACCARO 1932, p. 13; VACCARI 1957, p. 79; ERBA, MORANI 1977, p. 19.