Antoine Brachet - Cortile di Volta, piano terra, lato est

Lapide di Antoine Brachet

Lastra in marmo di Candoglia scolpita a basso e altorilievo, con iscrizione incisa e dipinta in colore grigio 221 ✕ 94 cm

Iscrizione: Cy gist noble home feu messire/ Antoine Brachet, natif d’Orleans, iadis escolier estudian en loix a Pavie le quel/ trespassa le primier iour d’Aoust/ l’an mil cinq cens et quatre. Pries Dieu pour son ame. (lungo i bordi, in senso orario) No(n) habita ratione soli nec stirpis avite/ im(m)isere necem fata sinistra michi/ nil hinc inde p(re)ces fuse nil pulchra iuve(n)tus/ profuit, instabilis stat sua cuiq(ue) dies. (spazio sotto i piedi)

Ubicazione: pianoterra, parete orientale, XI da sinistra.

Personaggio: lo studente Antoine Brachet, di origine francese, morì a Pavia, colpito da malattia, il 1° agosto 1504; era venuto in Italia per studiare Diritto, attirato dall’insegnamento di Giasone del Maino. Venne sepolto nella chiesa di S. Francesco sotto la lastra forse pavimentale scolpita da Ambrogio da Massara e commissionata da Nicolao Vincentio per la morte del concittadino d’Orléans. Bossi riferisce che la lapide si trovava prope organum, collocazione che Gianani prova a individuare nel transetto meridionale. L’autore appartiene a una cerchia di artisti al servizio degli Sforza, in quanto era un collaboratore dell’Amadeo e lavorò anche al cantiere del Duomo di Pavia. Di questa committenza conserviamo anche il contratto, come riportato dal Maiocchi e come ricorda Maria Teresa Mazzilli all’interno del suo saggio nel presente volume. Nel 1879 la lastra era già stata trasferita nei depositi dell’Università di Pavia dove fu vista dal Prelini che ne diede notizia a un gruppo di archeologi francesi.

Descrizione: il personaggio è rappresentato disteso, a occhi chiusi, con la testa appoggiata a un cuscino con nappe negli angoli. Davanti a uno sfondo totalmente neutro, lo studente indossa un copricapo alla moda del tempo e una lunga veste con abbondanti pieghe e ampie maniche, ripiegate sui polsi per lasciare scoperte le mani incrociate. Ai lati del cuscino sono scolpiti due stemmi del casato, con un cane di profilo in posizione accovacciata. Intorno al gisant manca qualsiasi elemento che possa caratterizzarne la professione o l’appartenenza a un ordine o a un’associazione. L’iscrizione corre lungo tutti i bordi del monumento, in senso orario, a partire dall’angolo in alto a sinistra. Una seconda iscrizione è invece presente nello spazio sotto i piedi del personaggio. La lastra doveva essere dipinta, per valorizzare la presenza delle insegne araldiche, ma anche per occultare l’antiestetica venatura azzurrognola.

Stemmi: in alto a destra e in alto a sinistra, arme gentilizia dei Brachet d’Orléans: di rosso, al bracco di profilo assiso d’oro.

Datazione: post 1504, anno della morte del Brachet.

Provenienza: la lapide si trovava nella controfacciata del transetto meridionale della chiesa di S. Francesco a Pavia, sopra la porta minore; Gerolamo Bossi ne ricorda la posizione presso la colonna vicina all’organo; da lì venne rimossa nel 1781 circa.

Stato di conservazione: discreto; presenza di venature grigiastre che percorrono in senso obliquo, dall’angolo in alto a destra verso il basso, l’intera lastra, frastagliatura dei bordi e perdita di un piccolo frammento dell’angolo inferiore destro L’intervento di conservazione, effettuato nel 2000 da Luciano Formica, è stato indirizzato soprattutto all’eliminazione delle croste nere. Lo scopo era, da una parte, la rimozione di tutti gli elementi causa di degrado, dall’altra, la conservazione e il rispetto scrupoloso del materiale originale. È stato scelto per questo il metodo degli impacchi con polpa di carta, imbibita di una soluzione di ammonio bicarbonato in acqua deionizzata.

Bibliografia: SANGIORGIO, LONGHENA 1831, p. 459; BOUCHER DE MOLANDON 1880; CAVAGNA SANGIULIANI 1905, pp. 386-387; MALCOVATI 1925, p. 26; BOLLEA 1925, p. 27; MAIOCCHI 1949, pp. 195 e 206; TASCA 1951, p. 36; VACCARI 1957, p. 76; CROLLALANZA 1964, pp. 143-144; GIANANI 1980, pp. 81-82; ERBA, MORANI 1977, p. 24.