Francesco Ripa da Sannazzaro - Cortile di Volta, piano terra, lato est

Lapide di Francesco Ripa da Sannazzaro

Lastra principale in marmo di Candoglia venato scolpita a basso e altorilievo, con iscrizione incisa e dipinta in colore nero; cornice in pietra di Oliva Gessi scolpita a bassorilievo 180 ✕ 200 cm

Iscrizione: Franc(isco) d(e) S(ancto) Nazario a Ripa/ iurecons(ulto) primi nominis,/ senatori duc(ati), com(iti) pal(atino)/ Helis gentilis uxor et VI liberi./ Hoc, hospes, potes/ aestimare saxo/ humani nihil esse/ non caducum.

Personaggio: Francesco Ripa da Sannazzaro nacque a Rivanazzano; il suo sigillo sepolcrale si trova oggi alloggiato sotto il portico orientale del cortile di Volta, poco distante da quello del suo consanguineo Nicolino Sannazzaro da cui si differenzia per il fatto di aver insegnato non solamente a Pavia, ma anche ad Avignone e Anversa. Fu lettore di fama forse pari a quella del suo contemporaneo Andrea Alciato; la sua popolarità gli consentì di ottenere nel 1521 il titolo di conte palatino. Fu Francesco II Sforza a richiamare in patria l’Alciato e il Sannazzaro; quest’ultimo abitava infatti dal 1518 ad Avignone e dovette ritornare a Pavia sotto minaccia di confisca dei possedimenti che aveva mantenuto sia in città che a Rivanazzano. Ebbe la cattedra di Diritto civile e la carica di senatore; ottenne una retribuzione di 600 scudi anche se a un certo punto non fu più in grado di leggere e questo prova che la costante maggiorazione dei compensi era dovuta al maggior prestigio di cui godevano alcuni docenti. Nel 1535 cessò l’attività di insegnamento e morì nel maggio di quello stesso anno, quando venne sepolto nella chiesa del Carmine di Pavia, nel monumento funebre voluto dalla moglie e dai figli e collocato nella cappella di S. Nicola. L’opera venne realizzata durante l’anno successivo da Marco di San Michele, come è testimoniato da uno disegno dello stesso autore sul quale è visibile anche una cortina che avrebbe dovuto incorniciare la scena. L’autore era un artista di pregio, infatti lavorò in quegli anni sia alla Certosa sia al Duomo di Pavia.

Descrizione: la lapide appartiene al genere della lezione di scuola e rappresenta l’interno di un’aula in prospettiva. Il soffitto dell’aula è reso con motivo a cassettoni con elementi floreali, sulla parete di fondo si intravedono alcune lesene, lungo le pareti laterali, al di sopra delle teste degli allievi, emergono le incorniciature di varie aperture. In posizione centrale campeggia il dottore in cattedra nell’atto di tenere una lezione; la sua figura è di dimensioni maggiori rispetto a quelle degli allievi che sono disposti di scorcio, seduti a sei a sei su panche, e rappresentati con una certa varietà negli atteggiamenti. Al di sopra del monumento, tra foglie e volute, campeggia lo stemma del casato con campo quadrettato, sormontato da un elmo e da una testa di leone; lo stemma è ripetuto negli angoli inferiori, ai lati delle panche degli allievi.

Stemmi: in posizione centrale, sopra la cornice, arme gentilizia della famiglia Sannazzaro della Ripa: scaccato e sormontato da un elmo e da una testa di leone; nei due angoli inferiori arme gentilizia della famiglia Sannazzaro della Ripa: scaccato.

Datazione: 1536, anno successivo alla morte del personaggio.

Provenienza: la lastra tombale è stata portata in università dalla chiesa di S. Maria del Carmine a Pavia, dove, come indica Luisa Erba nel presente volume si trovava nella quinta cappella a destra (già dedicata a S. Nicola da Tolentino e poi a S. Giovanni, come infatti riferiva Tasca) che conserva nella chiave di volta lo stemma della famiglia stessa; dalla sua originaria collocazione venne rimossa nel 1786.

Stato di conservazione: discreto, presenza di una patina grigiastra che altera le tonalità cromatiche e presenza di fratture e scheggiature periferiche. La pulitura della superficie ha ridato lucentezza al marmo e riportato a una corretta lettura dell’opera nella sua interezza, evidenziando i particolari.

Bibliografia: SANGIORGIO, LONGHENA 1831, p. 454; PRELINI 1877, p. 52; MAGENTA 1897, p. 225; CAVAGNA SANGIULIANI 1905, p. 147; L’Università di Pavia 1925, p. 43; FRACCARO 1932, p. 16, p. 20; TASCA 1951, p. 208; VACCARI 1957, p. 133; GIANANI 1962, p. 153; DALLARI 1965; ASCHERI 1970; ERBA 1976, p. 126; ERBA, MORANI 1977, p. 20; ERBA 1990, p. 44; MASPOLI 2000, p. 325.